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Lunedì, 07 Ottobre 2019 15:02

CAMPAGNA LOMBARDA

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E’ molto frequente che mi affidino case di campagna. Piccole, grandi, in buone o pessime condizioni, ho la fortuna di lavorare in contesti dove la natura trabocca.

Arrivo con la mia macchina, mi guardo intorno e inizio a benedire questo lavoro che mi permette di scoprire un’ Italia conosciuta a pochi. Comuni piccolissimi, con così pochi abitanti da non avere nemmeno la scuola.

Piccole frazioni, dove c’è solo un vecchio bar, dove stazionano i soliti 4 vecchietti che giocano a carte e quando entri per chiedere informazioni, ti accoglie quell’odore inconfondibile e un po’ acre di fumo e caffè.

I tavoli sono scuri e pareti e soffitti rivestiti da una perlinatura che è lì dalla notte dei tempi. A pranzo ti offrono i ravioli in brodo, il lesso e la giardiniera di verdure. In genere è tutto buonissimo… Mi sembra di tornare ai tempi in cui andavamo a mangiare nel microscopico comune di Maccastorna con mia nonna. C’era una vecchia osteria e ogni volta, pranzare li, era come fare un salto fuori dal tempo e dallo spazio.

insomma, nella campagna lombarda posti così ce ne sono ancora. Andate a cercarli perché meritano.

Questi posti hanno un’altra caratteristica che li accomuna: i gatti.

Nei piccoli paesi il gatto è il vero protagonista. Lo trovi sotto al tavolo, o vicino alla stufa nelle fredde giornate d’inverno. Ti guarda di sottecchi mentre si scalda al primo sole di febbraio, sdraiato sull’uscio di casa. Ammicca dai cortili, ti studia dai davanzali. Amoreggia rumorosamente mentre lavori.

Il gatto, uno, qualcuno o in quantità… non manca mai.

Una piccola casa che ho preparato per la vendita, ad esempio, confinava con la proprietà di una anziana signora che sfamava tutti i gatti del circondario. E così, ogni volta che arrivavo e andavo via, dovevo fare una grande attenzione: i gatti si nascondevano sotto la mia auto, se dimenticavo il portellone aperto, li trovavo placidamente accoccolati sul mio sedile e si avvicinavano senza timore anche alla porta della casa, lasciata aperta per scaricare il materiale.

Curiosi, e deliziosi ogni volta mi correva incontro un nuovo nato e giuro, la fatica più grande è stata quella di non portarne a casa almeno uno.

C’era, in questa casa, una grande camera da letto rivolta verso il cortile. Faceva freddo e appena arrivavo, se c’era un pochino di sole, spalancavo le finestre nella speranza (vana), che l’ambiente si scaldasse un po’. L’edificio di fronte era più basso e i gatti, pur di non perdermi di vista, si arrampicavano spavaldi sul tetto. I più giovani, ingaggiavano lotte e giochi e io un po' lavoravo, un po' mi perdevo a guardarli. C’era la gattina bianca e rossa, la più socievole che non mancava mai, e poi una miriade di tigratini, scatenati. Ma il più monello in assoluto era un giovane gatto bianco e nero. Lo osservavo saltare nell’erba alta, a caccia di lucertole o di qualsiasi cosa si muovesse. Appariva e spariva come se avesse avuto le molle sotto alle zampe. Poi, d’un tratto non lo vedevo più ed eccolo comparire di corsa sul tetto, insieme agli altri.

Insomma nonostante il freddo, la posizione un po' isolata, trovarli ogni volta era una grandissima gioia. Mi intrattenevo un po' con la signora, che mi aggiornava sulle nidiate, respiravo l’aria tersa e mi dicevo quello che mi ripeto ogni volta: questo è il lavoro più bello del mondo.

Letto 2439 volte Ultima modifica il Lunedì, 07 Ottobre 2019 15:09
Valentina Guarinelli

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